LA BUCA

È nel 2006 che un primo gruppo di afgani inizia a stazionare nel porticato antistante alla struttura abbandonata e serrata dell’Air Terminal: qui vivono soprattutto gli afgani di etnia hazara, mentre lungo la strada ancora in costruzione alle spalle dei cantieri e di quella che sarà successivamente soprannominata la “buca” ci sono soprattutto pasthun. Nel corso del 2007 alcune organizzazioni intervengono con acqua, viveri, vestiti, coperte, assistenza sanitaria e tende… nasce la tendopoli. Nell’aprile 2009 i giornali italiani mostrano le immagini di un gruppo di bambini afgani di età tra i 10 e i 15 anni che dorme infilandosi dentro i tombini: la città dormitorio dei bambini fantasma.
Nello stesso periodo, si comincia a parlare della buca di Capitan Bavastro: nelle fondamenta di un palazzo in costruzione vengono costruiti ripari di cartone, bagni di lamiera, letti di coperte e giornali… una buca per diventare invisibili alla popolazione romana, spesso diffidente e impaurita, e riuscire a proseguire il proprio viaggio indisturbati.
La buca è, infatti, solo una tappa, non la meta finale del loro viaggio. Una tappa nota e programmata, sin da quando la loro fuga ha inizio. Della stazione Ostiense e della buca, infatti, se ne parla anche in Afganistan. Ragazzi giovani, molti minorenni, attraversano l’Iran, la Turchia e poi la Grecia per approdare in Italia; partono, non sanno come, non sanno quanto impiegheranno, non hanno la certezza di raggiungerla, ma sanno che, nel momento in cui arriveranno in Italia dovranno recarsi a Roma, alla stazione Ostiense, e lì potranno trovare gente che come loro sta scappando, che parla la loro stessa lingua e che potrà indirizzarli per continuare il cammino verso l’Inghilterra, la Germania o altri Paesi del Nord Europa. Da profughi in transito attraverso il nostro paese, sono diventati rifugiati in viaggio all’interno dell’Italia dove dovranno chiedere asilo, e cercare di integrarsi, come prevede il trattato di Dublino del 1990.
Nella buca, oggi, è rimasta solo qualche coperta, un paio di scarpe abbandonate, la lamiera di una toilette improvvisata… eppure qualche tenda, pochi panni stesi all’umido della notte e una latta in cui arde legna ricavata da bancali distrutti sono ancora lì a scaldare chi deve riposarsi per un paio di giorni e continuare il proprio viaggio verso Nord.
Lungo il correre dei binari della stazione, queste foto sono il racconto della buca, di un luogo di passaggio e di attesa, di una via d’uscita, di un continuo scorrere di vite, e di persone che aspettano il treno che li porterà altrove… continuando il viaggio pur non sapendo quando dove si arresterà…