Ponte Mammolo, 67 giorni dallo sgombero, 67 giorni di silenzio.
E ora sono ben 67 giorni che gli abitanti di Ponte Mammolo vivono in un parcheggio.
Lo ricordiamo, il campo di Ponte Mammolo è stato sgomberato l’11 maggio, senza preavviso e, cosa ancora più grave, senza aver predisposto una soluzione alloggiativa alternativa che ridesse dignità a questa comunità che viveva già nel degrado.
Dello sgombero peraltro abbiamo subito richiesto l’accesso agli atti, che nonostante siano pubblici, tardano ad essere mostrati.
Le condizioni delle persone “parcheggiate” a Ponte Mammolo sono davvero critiche e peggiorano di giorno in giorno. Pioggia, grandine, vento, caldo torrido, umidità, servizi igienici assenti, una sola fontanella per farsi la doccia ed alcune tende per ripararsi.
Quella di Ponte Mammolo è una piccola comunità che giorno dopo giorno, spera in una soluzione; una comunità sostenuta dalla pazienza e dalla dignità, dai cittadini del quartiere, dai ragazzi della rete solidale romana che hanno offerto pasti caldi, vestiti, medicinali e materiali per l’igiene e da una rete di associazioni e di aziende che ha fornito tende, cibo e materiali di prima necessità fino ad opportunità lavorative vere e proprie per i rifugiati eritrei.
Noi di PRIME Italia che da anni siamo in prima linea per aiutare i rifugiati ad inserirsi nel mondo del lavoro, e quindi nella società, dal 2013 ci occupiamo dei rifugiati eritrei di Ponte Mammolo ed insieme a loro in questi due anni avevamo raggiunto dei risultati.
Poi è arrivato lo sgombero e poi sono passati 67 giorni.
Da quell’11 maggio siamo lì con loro, ogni giorno, sostenendoli in tutte le loro necessità, da quelle burocratiche a quelle sanitarie, cercando di alleggerire il disagio.
Ma non basta.
E le istituzioni romane?
Disponibilità e collaborazione da parte dell’Assessorato alle Politiche Sociali non sono mancate, ma ad oggi le risposte sono insufficienti e l’inspiegabile inerzia delle istituzioni di questi mesi ci sta mettendo in grande difficoltà.
Noi siamo un’organizzazione di volontariato e possiamo operare nell’ambito della sussidiarietà, non possiamo certo sostituirci allo Stato ed alle amministrazioni pubbliche.
Per alcune persone è stata trovata una soluzione (temporanea) ma ora un continuo rimpallo di responsabilità e un infittirsi di pastoie burocratiche stanno di fatto impedendo la soluzione del problema nella sua totalità.
Lungaggini, inerzie, attese, mancato coordinamento, promesse al vento e telefoni che suonano a vuoto, e ora anche Mafia Capitale, presa a pretesto per giustificare l’immobilismo delle istituzioni. Sono cose che non fanno certo onore all’amministrazione capitolina, il cui dovere primario è quello di proteggere i diritti delle persone, di tutti i cittadini, anche dei titolari di protezione internazionale che – lo ricordiamo – secondo la legge dello Stato Italiano, godono degli stessi diritti ed hanno i medesimi doveri dei cittadini italiani.
Dopo tavoli su tavoli, discussioni su discussioni, delle oltre 100 persone sgomberate, solo 22 sono state spostate in un centro accoglienza.
100 persone, per una città come Roma sono un granello di polvere che ahimé è stato spazzato via dal caso di Tiburtina, di cui tutti si sono occupati – ed era più che giusto e doveroso – rivendicando meriti e contributi e dimostrando una grande prontezza.
Perché Ponte Mammolo non può avere la stessa prontezza e sollecitudine?
O a questo punto dobbiamo chiederci se nelle decisioni della nostra amministrazione pesi di più la visibilità mediatica o la capacità e la volontà di risolvere le cose.
A complicare la situazione ci si è messa anche la Questura di Roma che sta negando, utilizzando il suo ambito di discrezionalità, il rinnovo del permesso di soggiorno a persone la cui residenza è stata rasa al suolo dalle ruspe e anche il Prefetto che per un principio di sicurezza sacrifica quello del buon senso.
A beneficio di tutti ricordiamo che senza un permesso di soggiorno in regola queste persone non possono lavorare, ed avere così un reddito che consenta loro di vivere dignitosamente, di dormire su un letto, non sull’asfalto.
Noi a Ponte Mammolo ci siamo e continueremo a starci.
Abbiamo però bisogno di aiuto. E lo chiediamo a tutti.
Alle associazioni umanitarie ed alle istituzioni ecclesiastiche chiediamo di unire le forze, e la voce, per porre fine a questa tragedia a cielo aperto. Alle istituzioni romane, municipi, Assessorato, Comune, chiediamo di dimostrare le loro competenze e la loro umanità per queste persone, risolvendo nel giro di pochi giorni questa penosa situazione, prima che i riflettori si spengano definitivamente e prima che inizino le vacanze, le vostre.
Comunicato Stampa del 17 luglio 2015